Il primo pellegrinaggio a Santiago de Compostela non si scorda mai..

Il cammino di Santiago è qualcosa di estremamente personale, un evento unico ed irripetibile che si snoda nella tua vita.
Se sei arrivato a dare il primo passo reale su questo cammino, hai già fatto tanta, tanta strada..
E questa strada è solo tua!

Sono partito a fine Agosto 2015, in macchina, lasciando tutto e tutti verso un ignoto paesino dei Pirenei francesi: Saint Jean Pied De Port.

Non sapevo cosa mi aspettasse, ne quello che stavo realmente facendo, avevo tanta paura ma dentro di me sentivo che era giusto. E così ho fatto.

Per saperne di più su quanto è stata dura per me partire, dai un’occhiata a “la mia storia

Sono partito, solo, senza neanche la minima preparazione fisica, con delle ginocchia gonfie ed una prognosi di fascite plantare ad entrambi i piedi..

Nonostante questo sono partito! Non rimpiangerò mai di averlo fatto..

Il mio arrivo a Saint Jean Pied de Port fu “tragicomico” con una macchina da parcheggiare nel nulla, una ricerca disperata di un albergue per dormire e qualcuno che potesse parlare la mia lingua..

Da quando ero partito l’unico interrogativo che mi girava nella testa era: Perché lo stai facendo? Cosa vuoi dimostrare? Perché non te ne torni a casa?

Sono i demoni che abbiamo nella testa a parlare così, quelli che ci hanno impiantato sin da piccoli con la paura e l’inganno i quali non ci permettono di progredire come esseri umani.

Se stai leggendo questa pagina perché vuoi partire per il Cammino di Santiago, ricordatelo, non ascoltare i tuoi demoni!

Faranno leva su tutto ciò che hai conquistato fino ad ora, sul tuo benessere e su tutte le cose che ti possono tenere immobilizzato a casa portando dei “fatti concreti”..

Ma ricorda: nulla di tutto ciò è vero.

La mia aspettativa di cammino era di tre giorni, “magari tre giorni!”, in modo da arrivare a Pamplona e tornare a Saint Jean con il pullman.

Furono tre giorni distruttivi, devastanti, avvilenti..
Le vesciche mi cominciarono a perseguitare sin dal primo giorno ed avevo dolori allucinanti dappertutto!

Non preoccuparti! Non era il mio fisico che non era abituato al cammino, ma la mia mente che si ostinava a trovare vie di fuga per non affrontare quell’ostacolo e prendersi la responsabilità delle proprie azioni.

Capii questo ed affrontai un giorno in più come una sfida con me stesso, una sfida contro un “destino crudele” che voleva farmi tornare a casa!

Poi ne affrontai un altro… poi un’altro… poi un’altro…
Le mie vesciche peggioravano, le mie ginocchia mi davano chiari segni di cedimento ed io stavo crollando sotto il peso di tutta la tensione nervosa accumulata nei giorni precedenti alla mia partenza.

Forse non sarei dovuto partire, forse sarebbe stato meglio continuare con la mia vita, mi dicevo cose simili ogni secondo.
Fino ad arrivare a Burgos.

Nella città di Burgos scoppiai in lacrime.
Tutta quella tensione accumulata, tutto quel disagio, tutto il mio stare male per cose che non erano ormai mie, tutto, passò.

Decisi finalmente di fare qualcosa che non avevo mai fatto finora: pensare a prendermi cura di me stesso.

Se stai pensando al “Love Yourself” o a “io so’ io e voi non siete un cazzo” sei fuori strada!

Prendermi cura di me stesso mi ha aiutato ancora di più ad aiutare gli altri ma questo lo avrei scoperto solo più avanti…

Voglio che sia chiaro: Nessuno fa nulla “solo”..

Per affrontare una qualsiasi sfida, abbiamo bisogno di Maestri, Mentori, Amici, tutto accade per un motivo e quello che chiamiamo “caso” siamo noi a costruirlo inconsapevolmente, con le nostre azioni ed, ancora prima, con i nostri pensieri…

Forse, sono riuscito ad andare avanti, proprio per questi nuovi amici, la cui presenza sembrava ancestrale.

C’è una bellissima frase che dice così: “Non si conoscono le persone incidentalmente, c’è sempre una ragione, una benedizione o una lezione” e vi assicuro che nel cammino non c’è nulla di più vero.

L’allegria, la spensieratezza, la sensazione di libertà che si può provare nel cammino è ineguagliabile a qualsiasi altra esperienza!

Nel cammino il tempo si stira, si ha la sensazione che le giornate durino tantissimo e che tutto stia andando avanti con un profondo significato.
Chissà, forse è vero che il tempo non esiste.. Ma ciò che è sicuro, è che sia davvero relativo.

Ogni tappa che riuscivo a finire era un incredibile conquista! Una felicità, inimmaginabile, mai provata prima..

Avevo paura di perdermi ma, dopo poco, mi sono reso conto che sarebbe stato impossibile!

Il “Camino Francès” come lo chiamano in Spagna, è un susseguirsi di emozioni, ogni cosa parla di cammino! Dai monumenti storici alle piazze, dagli esercizi commerciali alla gente che si incontra, tutto, porta in un unica direzione: quella della flecha amarilla (fleccia amariglia) la freccia gialla, indicazione costante per i pellegrini verso Santiago de Compostela.

Nel cammino è davvero impossibile perdersi!

Anche io avevo la mia pietra!

Il pellegrino compostellano, che percorre il Cammino Francese, porta una pietra da casa per simboleggiare le sue rinunce, la sua fatica ed il peso della sua vecchia vita; verrà poi gettata alla Cruz de Hierro, in Galizia, dove letteralmente si libererà di un peso..

La mia era megagalattica!!
Ne avevo di cose da buttare!!

Vogliamo parlare di altri problemi come… Le vesciche?

Ok, non è la più bella immagine del mondo, però rende proprio l’idea di come stavano i miei piedi!
Quelle “cuciture” che vedete, sono state la mia salvezza!

Scoprì, dopo milioni di tentativi, che cucire le vesciche era il metodo più veloce, facile ed indolore per far passare il male ai piedi..

Che dire?
Continuai il mio cammino fino a Santiago de Compostela ed iniziai a credere di potercela fare. Avevo ritrovato la fiducia verso il mio prossimo, verso quelle persone che, messe in condizioni di uguaglianza e precarietà, avevano un atteggiamento ricettivo e aperto verso gli altri.

Vedevo cadere le maschere che ognuno porta con se per essere accettato o per sopperire a delle carenze affettive e la fiamma della speranza è riapparsa in me.

Ma dopo questo “subidón” di arrivare a Santiago,
potevo fermarmi qui?

Intrapresi il cammino che da Santiago de Compostela porta, con tre giorni di viaggio a piedi, sulle coste dell’Oceano Atlantico, a Finisterre.

Quello che i pellegrini medievali vedevano come la fine del mondo conosciuto, la fine della terra, dove il sole tramontava in un orizzonte infinito e misterioso..

Qui si possono raccogliere “las conchas” le capesante, quelle conchiglie giganti che per secoli sono state il simbolo dei pellegrini che tornavano da Santiago de Compostela. Infatti, quando non esistevano gli smartphone, tornare a casa con queste conchiglie era la prova evidente che si era arrivati fin lì.

Ebbene si.. Arrivai anche, dopo un’altro giorno di cammino, fino alla “Virgen de la Barca” a Muxia (Muscìa la x in gallego si pronuncia “SC”).

Nonostante i dolori che non si arrestavano, io sentivo che dovevo andare avanti… che il mio cammino non si era fermato lì..
(e così fu..)

Quante scuse troviamo per non prenderci cura di noi stessi e di chi ci sta attorno.

Quanti problemi creiamo senza avere la consapevolezza che siamo noi a creare tutto; in noi c’è la scintilla della creazione e possiamo decidere ogni giorno di percorrere sulla strada giusta o no..

È questa la vita “Reale”?

Credo proprio che quando parliamo di “vita reale” dovremmo davvero chiederci cosa significa questo termine.
Credo che siamo tutti d’accordo nel pensare che la vita sia una, sola e troppo preziosa per essere sprecata, eppure in moltissimi non hanno capito la mia partenza.
Ancora più dura è stata ascoltare alcuni miei amici che, credo in buona fede, mi consigliavano in maniera quasi sadica che era ora di tornare ad essere uno poveraccio sfruttato come loro, un lavoratore silente con il capo chino, un produttore informe, perché così deve essere, perché così è il mondo, perché così è la vita, perché il denaro conta, perché la stabilità conta, perché hai una sicurezza…
Ho visto persone andarsene da un giorno all’altro.
E voi ancora mi parlate di sicurezze?

Ho visto persone avere davvero tutti i soldi possibili, capaci davvero di vivere di rendita per le prossime dieci generazioni ma non ho vista felicità in loro, solo tristezza e schiavitù.
Lavorare a testa bassa e magari, per difendere i miei piccoli privilegi, passare sopra ad altri senza provare nessun tipo di empatia per il mio prossimo…
Ma davvero non avete capito che siamo tutti legati gli uni agli altri?
Ma davvero non avete mai messo la testa fuori dalla vostra grotta?